“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi…”
Probabilmente nemmeno lo stesso Ridley Scott, autore della storica pellicola del film Blade Runner, avrebbe potuto immaginare il successo di quella frase entrata oramai nell’uso comune.
La stessa frase che dava inizio al monologo finale dell’iconico replicante, interpretato magistralmente da Rutger Hauer.
La frase di quel film e le altre che nella scena la seguivano mi tornano in mente ancora oggi, quando ripenso a miei 400 giorni trascorsi in quelle terre martoriate.
In un metaforico discorso sono certo di aver visto “…i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser…” in quanto reale testimone di fenomeni naturali tanto straordinariamente affascinanti quanto violenti e spietati.
E così capita che i ricordi tornino come un’onda impetuosa. Sono quelli i momenti in cui mi sento un po’ come il personaggio di Roy Batty, una sorta di sopravvissuto, che ora può dire di avere davvero visto tutto, anche negli aspetti più crudi.
Ripenso a tutte le volte che mi sono trovato in mezzo a quelle macerie, quando imbattendomi in frammenti di esistenze altrui, avevo la sensazione di rubare loro momenti di intima quotidianità.
Provavo una pudica vergogna nell’osservare un libro, un letto ancora sfatto, un pettine, gli interni di una cucina con tavoli ancora apparecchiati…
Quante e troppe volte mi sono tornate in mente quelle parole ridondanti, poste a terminale trincea di quel monologo d’ispirazione Wagneriana:
“… e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.”
Riporto integralmente il monologo:
«Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.»